DECLINARE LA LIBERTÀ
Liberali per vocazione e formazione, gli americani non hanno mai faticato a declinare il concetto astratto di Libertà anche alle tematiche inerenti alla sfera economica, facendole sfociare naturaliter in un liberismo che è spontaneo in primo luogo. Reazione coartata alla crisi del ’29, l’esperienza di Roosevelt fu nella fattispecie un’anomalia nel sistema statunitense: non era affatto consueto che un presidente americano facesse politiche interventiste, tantomeno in ambito economico.
È bene considerare, nel trattare la persona di Reagan ancor prima che le sue politiche, che il conservatorismo statunitense o nella fattispecie il repubblicanesimo, non è sempre stato come lo conosciamo oggi. Tralasciando di parlare dell’Ottocento, in cui erano i repubblicani a fare progressismo e viceversa i democratici ad opporvisi. Poi i ruoli si sono rovesciati.
Questa è anche una delle questioni che si pongono con insistenza gli studiosi di politica statunitense: dove va il Partito Repubblicano? Che fine hanno fatto i vecchi repubblicani?
Trump è incomparabile, sia per fisiologia che per formazione, con i repubblicani classici che diedero agli Usa persino un Presidente alla Eisenhower, uomo addirittura non avverso al New Deal. In questa spaccatura storica c’entra anche Ronald Reagan, che a suo modo rappresenta un unicum sia per la politica statunitense in toto,sia per la storia del Partito Repubblicano nel particolare.
L’ATTORE
Ogni politico è attore, ma Reagan lo fu più degli altri. O meglio, lo fu per davvero. Esordì a Hollywood nel 1937 – in piena golden age – e pur avendo avuto all’attivo una miriade di film, non sfondò mai con personaggi di primo piano. Nella Settima Arte attrae giudizi disinvolti sulla sua mediocrità ancora oggi, ma almeno i cinefili ricorderanno volentieri la sua ultima e notevole apparizione nel riuscito The killers (1964) di un grande autore, Don Siegel, con protagonisti i rinomati Lee Marvin e John Cassavetes. Fu l’unico ruolo negativo della sua carriera: celebre fu la scena in cui diede un pesante schiaffo ad Angie Dickinson. Reagan prese a odiare quel lungometraggio perché convinto che la scena dello schiaffo avrebbe danneggiato la sua immagine pubblica di uomo politico. Sbagliava. Durante le riprese di quello che avrebbe dovuto essere (e non fu) il primo film nella storia prodotto per la Tv, fu assassinato Kennedy, mentre Reagan si dava alla sua ultima fatica sullo schermo, prima di dedicarsi interamente alla politica. Quasi fosse un segno del destino.
Qualcuno osò pronosticare che non avrebbe fatto grandi cose in politica, anche per i suoi trascorsi nel mondo dello spettacolo nel quale lui, comunque, non era diventato un divo. Mai pronostico fu più disatteso.
Mediocre o meno che fosse sullo schermo, in ogni caso la gavetta in Hollywood gli garantì un futuro di comunicatore eccellente, uno tra i più studiati nella storia della politica e molto in voga ancora oggi tanto che persino personaggi come Obama (che certo è stato tutto meno che repubblicano) si sono ispirati a lui.
continua con “Ronald Reagan tra luci e ombre – Il Comunicatore – parte II