Come sappiamo, l’economia italiana è appena sopra lo zero, per la crescita mancano gli investimenti e il credito è in forte calo; questo scenario di crisi è stato confermato anche da Confindustria nel IV trimestre del 2019 e – pertanto – aumentano i rischi per tutti i lavoratori, in particolare per la nostra categoria di Autonomi e Partite Iva.
Secondo l’Ufficio Studi della Camera di Commercio, dopo la flessione del numero di imprese registrato all’inizio del 2016, l’attuale andamento economico è caratterizzato da una crescita esponenziale delle cessazioni e delle procedure fallimentari.
Il fallimento, come sappiamo consente all’imprenditore insolvente di estinguere i debiti della società, liquidando il patrimonio dell’azienda.
Tuttavia, in questi ultimi anni è sempre maggiore il numero di persone comuni, non imprenditori, che hanno una forte esposizione debitoria e in quanto tali non sono assoggettabili alla procedura fallimentare.
È bene sapere che, la legge n. 3 del 2012 ha introdotto nel nostro ordinamento la procedura di esdebitazione, rivolta a tutti quei soggetti che sono sovra indebitati e che non possono accedere alle procedure concorsuali previste dalla Legge Fallimentare.
Questo strumento, dunque, si rivolge agli imprenditori commerciali le cui dimensioni escludono la loro assoggettabilità al fallimento; ai fideiussori che abbiano garantito debiti di un imprenditore fallito, in quanto non fallibili per legge; agli imprenditori agricoli; ai soggetti che svolgono un’attività di libera professione; al consumatore considerando che anche l’imprenditore o il professionista possono qualificarsi consumatori ai sensi della disciplina esaminata, purché l’indebitamento derivi da consumi propri, ossia da obbligazioni assunte al di fuori della propria attività di impresa.
Le procedure disciplinate dalla legge in esame sono tre:
- ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI
Il debitore, in stato di sovra indebitamento, può proporre ai creditori, un accordo concernente la ristrutturazione dei debiti, o, se consumatore, un piano, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi, con sede nel circondario del Tribunale competente.
Sia con l’accordo di composizione che con il piano cd del consumatore, è necessario assicurare il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali. È necessario, inoltre, indicare la previsione di scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, individuare eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti, nonché indicare le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni.
2. PIANO DEL CONSUMATORE
Nel piano proposto dal consumatore non è prevista l’approvazione da parte dei creditori del consumatore. il Tribunale effettua esclusivamente una valutazione di fattibilità della proposta e di meritevolezza della condotta che ha portato all’indebitamento del consumatore. Anche in ipotesi di contestazione da parte di uno o più creditori, il giudice potrà comunque approvare il piano proposto dal consumatore quando ritenga quest’ultimo più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria, ai fini della soddisfazione dei crediti.
3. LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO DEL DEBITORE.
È una procedura che può essere attivata volontariamente dal debitore (anche consumatore) sovra indebitato, come alternativa alla proposta di accordo o di piano del consumatore, consentendo la completa esdebitazione del debitore attraverso la liquidazione del suo patrimonio a parziale soddisfacimento del ceto creditorio. Ai fini dell’ammissibilità è, altresì, necessario che il debitore negli ultimi cinque anni precedenti, non abbia compiuto atti in frode ai creditori.
Un aspetto molto interessante è dato dal fatto che, se da un lato la Politica non si è preoccupata delle classi più povere, ovvero di coloro che – per esempio – non abbiano alcun patrimonio da liquidare, la Giurisprudenza ha – con diverse pronunce -aperto la strada al procedimento liquidazione patrimoniale in assenza di beni, quando il debitore metta a disposizione della massa dei creditori o solo il suo stipendio (al netto ovviamente di quella porzione della retribuzione indispensabile per il sostentamento della famiglia) o, come in altri casi è già accaduto, il ricavato dalla vendita forzata, già conclusa, di un bene mobile o immobile.
Questo significa che, qualora il soggetto indebitato non abbia alcun patrimonio e non possa, pertanto, accedere alla procedura di liquidazione (liquidazione di tutti i beni del debitore – presenti e sopravvenuti nel quadriennio – al fine di soddisfare i propri creditori), il giudice può ridimensionare il debito avviando la liquidazione sulla base del solo reddito, riservando una quota necessaria al sostentamento del debitore e della sua famiglia.