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La nuova flat tax ha dato respiro alle partite Iva: figuriamoci una riforma più radicale!

La nuova flat tax voluta dal governo in carica sembra aver giovato in modo significativo alle partite Iva: le fonti ufficiali riferiscono un numero di 196mila nuove partite Iva nel primo trimestre del 2019. Il 7,9% in più rispetto allo stesso periodo del 2018.

Il nuovo regime forfettario permette a chi non supera un fatturato di 65mila euro di usufruire della “tassa piatta” al 15%, che si riduce al 5% per chi apre un’attività ex novo. Si può definire una riforma buona ma non ideale per le partite Iva, che continuano a versare in una situazione fiscalmente degradante. La piccola imprenditoria italiana è molto più svantaggiata rispetto a quella di altri stati europei: il cuneo fiscale e la burocrazia lenta e intricata scoraggiano in modo significativo chi si mette in proprio, favorendo di molto il lavoro subordinato (e l’evasione).

Ma se le piccole e medie imprese sono quelle che muovono l’economia del paese ha senso continuare a disincentivarle? La riforma del governo gialloverde è sicuramente uno spiraglio di luce in una situazione di buio. Ma basta?

Rimangono tasse ingiuste e assurde come il minimale INPS: paghi su ciò che non hai ancora fatturato e che non sai se fatturerai.

La domanda che viene da porsi è: se con una riforma minima le nuove partite Iva sono aumentate e c’è una crescita del lavoro autonomo, figuriamoci cosa accadrebbe con riforme ancora più radicali. Ci sarebbe un’esplosione dell’iniziativa privata che, in uno stato come il nostro, porterebbe più lavoro, originalità, nuovi prodotti, nuove aree di business, più ricchezza per tutti.

La nuova flat tax è solo un punto di partenza, ora tocca andare avanti.

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