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In Italia se sei libero professionista ti chiamano visionario ma lavorare in autonomia dà più soddisfazioni. È come essere da soli contro il mondo

Matteo, la prima domanda è banale. Come sei arrivato a lavorare da autonomo?

Uscito dal liceo non avevo le idee chiare. Ho cambiato vari corsi universitari senza però trovare nulla che mi convincesse. Avevo la passione di fare musica, creare strumentali, basi, fare spot pubblicitari… da autodidatta ho potenziato le competenze, poi ho cominciato a vendere miei contenuti a clienti. Un po’ alla volta l’attività mi ha convinto che forse la strada era quella, il lavoro dei sogni. Ho cominciato a inseguirlo. Oggi sono un freelance a tutti gli effetti, è un lavoro che nelle aziende non esiste e sono contento di farlo da autonomo.

Per dirla in breve, il percorso “classico” non sembrava fare per te.

È così. Nelle accademie e nella università non sono riuscito a trovare un percorso a me congeniale.

Non ti è mai capitato di lavorare da dipendente?

Sì, facevo il commesso in una multinazionale.

Allora un accenno di percorso “classico” l’hai fatto. Un breve confronto?

Da dipendente la tua vita gira intorno all’orario canonico, quindi non puoi scendere più di tanto a compromessi…magari qualche permesso, ma alla fine le tue giornate sono scandite da quel ritmo. Quando sei in proprio hai libertà di gestirti come ti pare. Non esiste uno stile di vita migliore di un altro, ma alla mia personalità si addice più il lavoro autonomo: sono portato a lavorare in momenti sparsi nella giornata anziché concentrare il lavoro “sparandomi” una giornata da otto ore.

Raggiungere risultati professionali in quasi totale autonomia mi dà più soddisfazione. È una sorta di vocazione a essere da soli contro il mondo.

C’è un che di romantico in questa tua vocazione alla libertà e all’autogestione. Ma hai considerato l’aspetto economico, quello più razionale?

L’aspetto economico è importante, come autonomo è un’arma a doppio taglio. Ma quando hai un sogno è giusto che il risultato arrivi da uno sforzo che crei valore. Da dipendente l’idea di avere un fisso sul conto mi dava una sicurezza, è inutile negarlo. Le spese erano tarate su quanto sapevi che avresti guadagnato. Però nonostante l’incertezza economica preferisco il lavoro autonomo, anzi con questo sei incentivato: a trovare clienti, lavorare sull’estro creativo. Questo mi gratifica di più: da dipendente perdevo gli stimoli, mi sentivo costretto a una vita mediocre, mancavano gli incentivi, ero portato a galleggiare, a portare a casa quanto bastava e nulla di più. Raggiungere risultati professionali in quasi totale autonomia mi dà più soddisfazione. È una sorta di vocazione a essere da soli contro il mondo.

Torni sempre alla vena di romanticismo individualista, insomma. L’Ottocento sarebbe un secolo orgoglioso di te, ma lasciamo da parte la storia e la letteratura. A un tuo coetaneo cosa consiglieresti?

Il consiglio che darei a un giovane come me è di aprire Partita Iva se ha un sogno o un obiettivo. L’unico vero lato negativo è l’incertezza economica, relativa alle entrate. Alcune attività non rendono e altre necessitano di investimenti a lungo termine per fruttare. Ma se fai quello che ti piace, una volta raggiunto l’obiettivo economico non c’ è confronto col lavoro da dipendente.

Però c’è qualcosa che vorrei raccontare, oltre questo.

Prego…


Parlando con persone a cui ho raccontato in breve quello che faccio… il fatto è che tutti mi guardano sempre come se fossi un visionario.

Parlando con persone a cui ho raccontato in breve quello che faccio… il fatto è che tutti mi guardano sempre come se fossi un visionario.

Un visionario?

Si, come se il fatto di intraprendere un percorso non convenzionale, diverso da quello università-stage-azienda fosse qualcosa di alieno, di assurdo, di cui si legge sui libri o si vede nei film…invece credo che a livello culturale questa cosa sia solo italiana.  Ci sono realtà come quella americana dove viene incoraggiato il sogno e la libera professione se chi la vuole intraprendere ha veramente questa vocazione, questa passione…

L’America è per eccellenza la patria del liberismo e spinge da sempre verso l’intraprendenza, questa è una certezza…

In America c’è molta, molta, molta meno burocrazia rispetto all’Italia, dove per aprire un’attività con Partita Iva o una società ci vuole un percorso o un iter burocratico lunghissimo e complicatissimo, mentre in America è diverso, so che quando Aldo, Giovanni e Giacomo hanno girato il film a New York hanno aperto una società lì…in quattro ore! …per gestirsi tutto quanto. Ed era la situazione più comoda, la dice lunga sul nostro sistema italiano se i nostri talenti si aprono società in America per comodità…

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